Nel corso del 2022 la Colonia dell’Opera Bergamasca di Piazzatorre verrà definitivamente demolita. L’edificio, nel corso dei decenni tra il Novecento e il Duemila, è stato prima casa di cura, poi soggiorno vacanze, infine rudere avventuroso. Ne ripercorriamo brevemente la vita, ora che è ormai giunta al termine.
L’”Ospizio per i fanciulli Umberto I” venne inaugurato nel 1903 con la prima tornata di bambini. Inizialmente, quella che è oggi conosciuta come “Colonia” era una struttura in cui i bambini cagionevoli soggiornavano per curarsi all’aria di montagna. In una Piazzatorre ancora primordiale, con nuclei di poche case sparsi in una vallata ancora dominata dal verde dei prati, il nuovo edificio risaltava in solitaria (vediamo la foto). Le spese di costruzione vennero divise tra l’associazione Opera Bergamasca per la salute dei fanciulli e la Cassa di Risparmio di Milano.
I gruppi di bambini gracili e anemici si avvicendarono per anni e anni, con una media di qualche centinaio per ogni turno di soggiorno estivo.
Sembra che durante la Seconda Guerra Mondiale e nel periodo immediatamente successivo, dal 1941 al 1946, invece, la Colonia abbia accolto bambini profughi dalla Libia, dalla Polonia, dalla Cecoslovacchia e dalla Slesia, in fuga dalle battaglie e dal Nazismo.
Nei decenni di ripresa economica e del boom turistico, dai Cinquanta ai Settanta, l’Ospizio Umberto I mantenne la sua funzione di casa vacanze, ormai – pare – senza più specializzazione sui bambini di salute fragile. Il signor Giuseppe, che ci venne quando aveva dieci anni, intorno al 1974-1975, racconta: ”Ognuno di noi aveva un numero rosso su sfondo bianco sui vestiti, che serviva per non confonderli quando si mandavano in lavanderia. La giornata tipo era composta dalla sveglia, nelle camerate da 20-30 bambini, dalla colazione insieme, e poi giochi sul piazzale e nel campo da calcio, che all’epoca era lì sotto, dove oggi ci sono le gradinate del parco giochi. Le suore ci facevano dormire al pomeriggio…ho bei ricordi”.
“Andavamo alle elementari e giocavamo nel parco giochi di fronte alla Colonia;” ricorda la signora Raffaella, nata a Piazzatorre nel 1973, “i bambini ospiti si attaccavano su al cancello e piangevano perché le loro mamme, che erano venute a trovarli la domenica, se ne andavano via.” “Poi, mi ricordo che prendevano sempre il gelato al bar del Rocco”.
Verso la fine degli Anni Settanta la Colonia dell’Opera Bergamasca cessò la sua attività di soggiorno estivo, mentre altri gruppi di bambini continuarono a salire alla Colonia Genovese fino agli anni Novanta. Nell’ormai ex Ospizio Umberto I “ci facevamo le feste degli alpini”, ricorda il signor Paolo, piazzatorrese nato nel 1967.
Durante la sua vecchiaia, in stato di fatiscenza, la Colonia acquisì il fascino dell’abbandono agli occhi delle nuove generazioni, che amavano sgusciarci dentro per esplorare, rompere vetri, tracciare graffiti o il nome della ragazza amata. Ogni ragazzo, indigeno o turista, nato tra il 1990 e il 2010 è entrato almeno una volta in quella casa abbandonata per cercarci dei presunti fantasmi, senza però vedere che dei fantasmi c’erano davvero: erano quelli di migliaia di piccoli ospiti che conobbero Piazzatorre solo come luogo curativo, dagli occhi delle finestre, all’epoca ancora intatte, di una casa vacanze come le altre.
Per chi vive e ha vissuto Piazzatorre, però, quella ex casa vacanze significa qualcosa. Significa addentrarsi in un passato muto, ma ancora presente: reti di letto senza materassi, water impolverati con tubi che non portano più da nessuna parte, cardini senza porte. I pavimenti e i tetti sfondati dalle intemperie degli ultimi anni, così come le scritte sui muri, rammentano che qualcuno c’è stato prima noi, e che noi non ci saremo per sempre. Forse, la Colonia è lo specchio delle fortune di Piazzatorre nei Secoli XX e XXI: prima ricetto terapeutico di montagna, poi gettonata meta estiva, infine imponente struttura ancora affascinante, ma infestata dallo spettro del proprio glorioso passato.
Tra il 2021 e il 2022, a ormai 120 anni dalla sua nascita, un gruppo di privati ancora anonimi ha raggiunto un accordo di riqualificazione dell’edificio con l’Amministrazione comunale del sindaco Bianchi, un signore che Piazzatorre l’ha conosciuta, vissuta ed amata per tutta la propria vita, e che certo conosce il valore simbolico della Colonia, destinata ormai – e giustamente - alla palla demolitrice. L’edificio, fanno sapere, “avrà una funzione sociale”.
Mentre aspettiamo di eliminare dal paese, ma non dalla mente, la Colonia dell’Opera Bergamasca, vengono in mente le parole di Seto Kaiba in Yu-Gi-Oh!: “Dalla distruzione del mio passato, la rinascita del mio futuro”.
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